La mia Patagonia

 

 

 

Ho trovato un blocco con degli  appunti che avevo scritto in occasione del mio viaggio in Cile nell’inverno 2007/2008.

 

Un viaggio che cadeva in un momento particolare della mia vita: ci penso spesso, rivivo con intensità molti momenti vissuti durate quei tre mesi di conoscenza di me stesso e di quella terra: mi aiutano le fotografie che scorrono sul mio PC come  Save screen, e credo vi faccia piacere saperne di più.

 

Devo però informarvi di un particolare, prima che vi chiediate come facevo ad avere così tanto tempo libero: mi sono auto-pensionato a 56 anni, dopo aver venduto la società di consulenza che avevo a Milano (ricevo la pensione dall’Inps solo da qualche anno), e  dopo aver scelto per anni  la qualità ispirata dall’ISO 9000 come mio “libretto rosso di Mao”, nel 2001 ho optato per la qualità della vita, ed ho chiuso con il mondo del lavoro.

 

Non è stato difficile, anche se  è come passare dal giorno alla notte, dai monti al mare, ma ho deciso per il mare, e non me ne sono mai pentito. Volevo girare il mondo, fare il giro del mondo in barca, e alla fine ho quasi raggiunto l’obiettivo….anche se con le barche degli altri. Atlantico, Pacifico, Indiano….Con la mia mi sono limitato, si fa per dire, a girare per il mediterraneo, fra l’Italia e la Grecia, privilegiando l’Egeo.

 

 

 

Nel 2008 avevo da poco deciso di avere un periodo di riflessione, e rimanere da solo. Quale occasione migliore per fare un lungo viaggio, in un ambiente che da tempo mi attirava, il Sud America, magari ripercorrendo alcune tappe che avevo già “solcato” per mare.

 

La Patagonia era un mito, l’eldorado, ne hanno scritto in molti e ho  letto molto, da Luis Sepulveda con Patagonia Express, a Francisco Coloane che re nato nell’isola di   Chiloè per finire con il libro di Bruce Chatwuin , In Patagonia….

 

E allora perchè non andarci anch’io? E così mi sono messo a studiare il viaggio, e credo che l’analisi e la sua preparazione siano  un momento emozionante, perchè  si inizia già a viaggiare con  il pensiero: leggi delle località che potresti inserire sul percorso, con l’aiuto della carta geografica e la guida Lonely Planet  pianifichi le tappe, decidi i mezzi e le soste, pianifichi tutto.

 

Erano due le aspettative che mi ero creato, a parte la conoscenza del Cile, una legata a tre località, la Patagonia, Valparaiso e i deserto di Atacama, la seconda al viaggio in me stesso, come mi sarei comportato da solo in un lungo viaggio, passando dal freddo al caldo, e come  dagli Appennini alle Ande anch’io sarei passato dalla pianura padana all’Oceano Pacifico, iniziando dallo stretto di Magellano per finire all’isola di Pasqua, passando attraverso tutto il Cile, oltre 3000 Chilometri di macchina, qualche migliaio di miglia in via d’aria…

 

Oggi vi racconto della Patagonia, la mia patagonia.

 

 

 

E così ho deciso di iniziare il viaggio dalla Patagonia, trasferimento in nave da Porto Natales a Porto Mont attraverso  Magellano e i canali fueghini ; quindi avrei preso una macchina,  visita all’isola Chiloè per poi risalire lugo la costa fino a Santiago, Valparaiso, e poi su su su fino al deserto di Atakama e avrei riconsegnato  la macchina al confine con la Bolivia. Da qui sarei rientrato a Santiago per volare all’isola di Pasqua, e completare così anche la conoscenza di tutta la Polinesia, dal tropico del Cancro a quello del Capricorno… perché la Polinesia Francese  all’equatore l’ho già fatta due volte, e  quest’anno ci andrò per la terza volta.

 

Ci sarebbe stato il problema del guardaroba e dei bagagli: in Patagonia siamo a latitudini basse, volevo salire sul Peine, e l’abbigliamento sarebbe stato da alta montagna, scarponi  e attrezzatura pesante, mentre  il resto del viaggio avrebbe richiesto un abbigliamento leggero. Così alla partenza avrei avuto due bagagli, ne avrei lasciato prima uno e poi l’altro in un albergo a Santiago, dove avrei prenotato in zona aeroporto in modo da essere sempre libero.  Al ritorno avrei poi recuperato il deposito di Santiago. E così ho fatto.

 

Ricordo ancora adesso le peripezie per il primo trasferimento, il peso dei bagagli, la gentilezza al check in per agevolarmi: avevo appresso uno zaino con l’attrezzatura fotografica ed il computer, una borsa, il mio sacco verde dei marines americani che uso da quando ero in marina, ….dentro ci sta un bambino in piedi, ed una valigia sempre grande da lasciare a Santiago, il tutto pesava oltre 60 Kg….difficile anche da portare…ma avevo 12 anni di meno, appena compiuti 60 anni, prima di tutte le operazioni e le magagne che poi sono arrivate e stavo bene, benissimo.

 

A Santiago sono arrivato senza incidenti con Air France via Parigi, e  lo stesso giorno volo su Punta Arenas. Sorvolando il Sud del Cile ho subito notato un particolare: mi aspettavo di vedere dall’alto tutta una distesa bianca, e invece era tutto verde, non piante alte, ma arbusti e cespugli, e non c’era neve, neppure l’ombra….il che significava che da quando vi ero stato la prima volta, nel lontano 1969, giovane ufficiale a bordo dell’Anna C, il clima era cambiato…..e come. Infatti a riprova avrei incontrato nei giorni seguenti un mandriano fuggito dall’Argentina ai tempi dei colonnelli che aveva trovato lavoro per l’appunto come guardiano in una fattoria , e mi ha raccontato che in  quegli anni faceva freddo, c’era sempre neve, mentre negli ultimi due anni non era nevicato, neppure d’inverno .

 

All’arrivo a Punta Arenas trovo chi mi aspetta, avevo riservato un B&B, e mi lascio accompagnare in famiglia, dove  sarei rimasto 10 giorni, accolto con molta affabilità: mi danno subito le chiavi di casa, la password per internet, che riscontro essere velocissimo e che con piacevole sorpresa troverò in tutto il Cile, e mi lascio immergere piano piano nella nuova dimensione.

 

Avevo ricordi della prima volta, come ho detto sopra, dei  Salesiani, del cimitero con i nomi slavi, di un piccolo villaggio….adesso erano 35.000, una cittadina fiorente.

 

Eravamo nel 1969, provenienti da Buenos Aires per testare la validità delle crociere in terra del fuoco, dovevamo andare a Ushuaia, Punta Arenas, Capo Horn,  e saremmo stati  accolti da tutte le autorità con tutti gli onori  perché era la prima nave passeggeri che si avventurava in crociera in quei luoghi…..

 

Alcuni ricordi sono indelebili: la pesca delle trote salmonate nei laghi ghiacciati, la caccia ai conigli selvatici con i fucili del tiro al piattello, le escursioni a cavallo nella pampa bruciata dal gelo, la caccia in lancia di salvataggio alle anitre selvatiche, le mangiate di granchi giganti con una chela sola, che potevi prendere con le mani direttamente dal molo, il capodanno del 2070 con la notte che non diventa mai buia….ed è subito giorno……ed avevo 23 anni…….

 

 

 

 

 

Leggo dagli appunti di 12 anni fa, avevo 60 anni:

 

……..Patagonia, arrivo a P.ta Arenas dopo un viaggio di 17+9+4 =30 ore, considerata la sosta a Santiago dalle 9.30 alle 15.00,  tutto sommato bene. All’arrivo mi aspettava Bernadette, che finalmente conosco dopo gli scambi via email, che mi accompagna all’Hostal.

 

Il mio è un ritorno alle origini, perchè sono stato in Patagonia 38 anni fa, fra  dicembre 1969 e marzo 1070, allievo ufficiale a bordo dell’Anna C.  E’ un ritorno ….atteso, per tanti motivi, è l’inizio di un viaggio lungo tutto il Cile, da solo, con la voglia di vedere, capire,  conoscere, assaporare un percorso ricco di emozioni, create da tutte le situazioni che incontrerò.

 

È strano, nella tensione, nell’attesa, nel vivere ogni giorno questo  procedere nel viaggio trovo la mia tranquillità.

 

Dicevo che al mio arrivo a P.ta Arenas  mi è sembra di poter ricordare situazioni già viste: il porto, i salesiani…. purtroppo il ricordo è solo la certezza di esserci già stato ,  ma non riconosco nulla. La città è abbastanza estesa, e dopo essermi informato sulla guida Lonley Planet sui punti  di interesse da visitare, sugli orientamenti culinari,  mi lascio portare dal …caso, come faccio sempre.

 

Memorizzo la strada dell’Hostal, lungo il fiume, via Mexicana, e con la mappa del paese mi avvio verso il centro.

 

Ho sempre  bisogno di sentirmi a mio agio, ed il solo modo che conosco è quello di mappare il territorio dove si “espleterà” il soggiorno.

 

Vago alla ricerca dei ristoranti suggeriti dall’agenzia, della Plaza, della strada principale, mi avvio, e sotto un vento abbastanza forte scopro che l’agenzia è molto vicina sia al centro del paese che all’Hostal, e che la via dei ristoranti è a due passi.

 

Volevo cenare a base di pesce, assaggiare la specialità del posto, il famoso salmone della Patagonia, ma mi lascio catturare dalla….luna che splende in cielo, così entro nel primo ristorante che trovo, a caso…….il naso non mi delude mai: zuppa di pesce e salmone ai ferri…

 

Decido poi di favorire la digestione con una perlustrazione alla zona centrale, e trovo la prima sorpresa: i cani sono padroni delle strade, e in branco si muovono liberamente, lasciandomi alquanto perplesso. Nell’attraversare la strada della piazza mi trovo letteralmente attorniato da una muta che mi annusa, e con un po’ di timore faccio l’indifferente e proseguo.

 

Uno di questi mi segue, e solo dopo un po’ mi lascia…..libero.

 

Non è certo  questa un’accoglienza tranquillizzante,  ed in seguito  riscontrerò questa antipatica libertà lasciata ai cani. Mi diranno, parlando con molti abitanti, che è sempre stato così, che i cani hanno un padrone e pertanto non sono randagi, e che non si può fare niente perchè l’associazione  animalista difende lo status quo.

 

Un’altra sera osservo con un certo fastidio che un gruppo di cani, nel loro girovagare, impedivano ad una coppietta di muoversi liberamente, e solo dopo un po’ lasciavano la strada libera. Mah.

 

Comunque la prima sera ho già chiara la mappa, e con soddisfazione rientro all’ostello dove mi rifugio in….internet.

 

 

 

L’abitazione  era molto accogliente, disposta su due piani, avevo a disposizione il PC della casa, con cui potevo inviare notizie in Italia, al primo piano camera e doccia calda, insomma la partenza è stata positiva. Con la lingua non avrei avuto problemi, mi sono bastati pochi giorni per rimettermi in carreggiata pur a distanza di molti anni da quando in argentina  parlavo spagnolo per lavoro, e soprattutto  che mi sentivo bene. Se il buondì si vede dal mattino, la Patagonia sarebbe stata l’alba di un giorno radioso.

 

Una sensazione su tutte, provata la mattina uscendo di casa: la strada scendeva dritta e ripida  verso il mare….no, si “gettava” sul canale di Magellano, le case ai lati avevano le pareti colorate come a Murano, veri pastelli…. veneziani, ed il sole creava un’atmosfera celestiale. Il silenzio era assordante, solo il rumore del vento, e scendendo lungo la strada  mi sembrava di camminare sollevato da terra. Mi sono fermato alcune volte per fare qualche foto, cercando lo scorcio ottimale, guardato con sospetto da un gatto che sornione si scaldava al sole, e con i gabbiani che in picchiata scendevano  quasi volessero colpirmi, allontanarmi,  perché comunque per loro ero un estraneo.

 

 

 

La mattina seguente mi riserva una sorpresa: visita al parco  PALI-AIKE, a 200 Km, con un vento a 100 Km/h. Parco naturale, in mezzo ad una zona vulcanica, con zona archeologica annessa. Il viaggio è lungo, strada in parte sterrata, e all’interno del parco vivono il guanaco ed il puma. La salita al vulcano  Morada del Diablo avviene in un contesto “infernale”, camminando su un tappeto di roccia lavica per circa 2 Km,  e la salita verso il cratere avviene in condizioni molto difficili, per il vento che soffia forte e contrario ed il freddo.  Siamo in due turisti oltre alla guida,  e durante la salita bisogna tenersi per mano per rimanere i piedi e non cadere per il forte vento.

 

Quando ci fermiamo sulla sommità   ci sediamo ad ammirare il panorama, e  mi ritrovo a pensare al viaggio in Namibia, quando il panorama era quasi lo stesso: lo sguardo che si perde in lontananza in un contesto desertico, una sommità di circa 300 metri, raggiunta con un po’ di difficoltà, e ….lo stato di pace, di benessere, di tranquillità, di serenità. Quando si è in pace con se stessi ci si ritrova ovunque, ed ogni mondo è paese, ogni paese si ripropone in un altro, e si gode la serenità.

 

 

 

Di quella escursione ricordo che nella casa dei guardiani  del parco c’era un puma morto, ucciso da poco, la promiscuità  del confine Cile-Argentina  che ci ha indicato la guida   lungo la strada di ritorno, il villaggio dei tosatori di pecore, il punto di ristoro lungo l’unica strada che va in Argentina, pranzo a 3,5 pesos….un’inezia, la vista sullo stretto di Magellano  ( ahh!  Che ricordi dell’imbarco sull’ANNA C nel 1969/70), e al rientro la sosta sulla nave naufragata, oggi monumento storico, di fronte ad una azienda agricola  abbandonata.

 

Di Punta Arenas ricordo le due caffetterie, delle quali quella croata merita un accenno perchè fa parte della storia dell’immigrazione, il cimitero che per la sua caratteristica mi ha riportato a quello di Stalieno a Genova, la confraternita italiana, non menzionata in alcuna guida ma molto presente, e sicuramente il museo dei  Salesiani, che non è più gestito dai salesiani.

 

Alla fine del viaggio, questo museo risulterà il più interessante e completo di tutto il Cile, assieme a quello secondo  me sottovalutato di Santiago sulla storia dell’educazione, trovato per caso  mentre giravo alla ricerca del museo di Alliende.

 

 

 

Eravamo partiti da Punta Arenas la mattina presto, con una macchina un po’ vecchiotta, conoscendo il programma ma senza sapere esattamente cosa avremmo visto. Lasciamo subito la città, la strada tutta curve corre lungo il mare, che poi è il canale di Magellano, vediamo alcune navi passeggeri che passano al largo, e l’autista ci spiega che  da alcuni anni molte compagnie di navigazione hanno eletto la Patagonia come meta turistica, e quindi ogni giorno dall’Argentina al Cile c’è un viavai intenso, anche se il tempo non è certo favorevole. Fa sempre freddo, piove molto ed il vento soffia costantemente, sempre dallo stesso verso, da EST ad Ovest; non per niente siamo nella terra dei quaranta ruggenti….. Ci fermiamo ad un ristoro, dove incontriamo camionisti ed autisti che fanno ogni giorno quella strada, e per colazione c’è spezzatino con caffè americano…..altro che caffelatte con i pasticcini….. sono persone dure, abituate al lavoro duro, in un contesto non certo facile, dove la pampa quasi deserta condiziona la vita:  l’economia della zona è retta dalle miniere per l’estrazione di petrolio e  gas naturale, ma l’occupazione delle persone è nell’allevamento ovino. Più tardi ci fermiamo in un villaggio abitato solo da pecorai, le case sono…..container, i pochi abitanti che incontriamo sono solo uomini, e ci viene spiegato che vivono in queste condiziono per una stagione, l’estate australe, poi arriva il freddo e si chiude baracca e burattini.

 

Finalmente arriviamo al parco, la casa dei guardiani è sul confine fra Argentina e Cile, c’è un piccolo museo con la descrizione degli animali che vivono liberamente, e spiccano un gatto selvatico imbalsamato,  il cranio di un puma, i denti che costituiscono un cimelio per i cacciatori, e la spiegazione delle varie specie di animali che si possono incontrare : guanaco, volpe,  struzzo, molte anitre, falchi…

 

Finalmente arriviamo alla meta dell’escursione, un altro teatro della   storia del mondo, sia per l’atmosfera infernale che incontriamo, costituita da  un vulcano con focolare attivo, sia per le condizioni atmosferiche che fanno da contorno. A mala pena riesco a scattare qualche foto, prima di rientrare alla base.

 

 

 

 

 

Un giorno ho rischiato di perdermi, non ho avuto paura, ma ho provato un forte senso di disagio. Sulla guida era proposta la visita al nuovo parco  naturale, e decido di andare a visitarlo per rendermi conto di cosa c’è per entrare nella dimensione della Patagonia: ed arrivano i primi riscontri.

 

Mancano le segnalazioni del percorso, e pertanto già uscendo dalla città è difficile potersi orientare. Le strade sterrate ed il vento molto forte che alza turbinii di polvere che entrano negli occhi  e nei vestiti, rendono complicato e fastidioso il procedere. L’assenza di indicazioni ai bivi lascia interdetti, il tutto in salita . Poi, una volta arrivati all’entrata del parco, la sorpresa: i percorsi suggeriti, le alternative per i disabili, encomiabili, il contesto naturale che promette un piacevole itinerario, si scontrano con l’impossibilità di percorrerlo.

 

Ho scelto quello  che mi avrebbe consentito il rientro per una strada diversa, ma le indicazioni all’interno del parco  , poche in verità, non erano per niente chiare. Vedevo la meta, sotto nella valle, ma non sono riuscito a raggiungerla. Ho tentato un “fuori strada”, ma ho corso il rischio di scivolare in una scarpata , e così, dopo un enigmatico segnale/cartello che traeva in inganno, ho preferito non rischiare e sono rientrato per la strada già fatta.  Deludente, e purtroppo  questo segnale è stato solo  il primo di una interminabile  serie, che per fortuna non mi ha creato problemi ne rallentamenti nel procedere.

 

Sempre parlando di segnali terrestri, anticipo il fatto che le segnalazioni stradali  sono diverse da quelle europee: i divieti di sosta, i sensi unici, non sono quasi mai segnalati, ma si devono interpretare. Da noi ci sono i cartelli stradali ch segnalano in Cile sono rarissimi. In Cile le segnalazioni sono sui muri, ed i sensi di marcia con delle frecce per terra. Le destinazioni lungo la strada, infine, sono frutto di iniziative spontanee e private, e come tali sono spesso naiff.

 

 

 

Comunque, ritornando a Punta Arenas, è stata un’esperienza molto interessante.

 

Mi è piaciuta la fattoria “ estancia” , dove ho visto un raro gatto selvatico, il puma della Patagonia, dove il guardiano mi ha raccontato della sua vita, di quando immigrato 20 anni prima, arrivando da B.Aires per lavorare, c’erano 15°sotto zero, ed ora invece non ghiaccia nemmeno  ed invece della neve piove tutto l’inverno.

 

Mi è piaciuta la visita all’isola di Santa Marta, al centro dello Stretto di Magellano, famosa per una colonia di leoni marini della Patagonia , oltre a numerose specie di uccelli. Fra le tante specie che popolano l’isola, si possono trovare cormorani, stercorari maggiori, gabbiani australi e antartici. I leoni marini maschi dell’Isola Marta possono raggiungere un peso di 360 kg e una lunghezza di tre metri. .

 

Isla Santa Magdalena, ci si arriva da Punta Arenas, dove ho visto la colonia di pinguini di Magellano e trichechi o leoni di mare, giganteschi, tantissimi, dove il “guardiano del faro” fa turni di 15 giorni in piena solitudine, interrotta solo dalla visita dei turisti. Non mi è piaciuta la pinguinera privata creata per i turisti, assolutamente in contrasto con l’atmosfera selvaggia dell’isola.

 

 

 

La visita a Forte Bulness, con due risvolti: uno naturalistico, assolutamente interessante, ed uno storico,  teoricamente utile per far conoscere la storia della colonizzazione di questa terra;  purtroppo non è mai stato curato ne  allestito, praticamene  inesistente. lungo il percorso ci sono molte fattorie dove gli spunti di interesse non  mancherebbero, ma non sono utilizzati ne sfruttati: un allevamento di cavalli, un caseificio, un rimessaggio di barche da pesca, un porticciolo di pescatori.

 

 

 

Ecco alla fine il “quadro” di Punta Arenas, che poi incontrerò in tutto il Cile. Manca la qualità del servizio, manca l’attenzione al turista, non si sa valorizzare, comunicare ciò che offre il contesto, la storia, non si mette il turista a proprio agio, tantomeno il viaggiatore che vuole entrare nell’ambiente. Il viaggiatore che ha più tempo, si deve conquistare tutto, con pazienza.

 

Non centra niente con il racconto, ma vi cito due fatti che testimoniano che il mondo è piccolo:  pensate che ho incontrato nello stesso giorno a Punta Arenas

 

  • un gruppo di turisti di Cittadella, (dove sono nato ed ho abitato ) e che ho riconosciuto dal dialetto,

  • una persona di Verona che mi ha fermato in piazza mentre facevo fotografie, dicendomi che ero un “viso conosciuto”

     

    la seconda tappa è Torre dl Peine.

    Forse la delusione più grande, forse per le troppe aspettative, forse per le tanto decantate bellezze, sicuramente per la “spinta” che le agenzie turistiche danno alla Patagonia.

    Sicuramente l’impatto è notevole, laghi, montagne, ghiacciai, ma per  chi è abituato all’Alpe di Siusi, alle Dolomiti, alle  cime di  Lavaredo, al Sassolungo e al Pordoi…..non è una sorpresa.

    Poi, non so perchè, mi aspettavo un contesto molto più in altitudine, ed invece è praticamente al livello del mare, tant’è che il rientro a Porto Natales l’ho fatto lungo il fiume…due giorni in un gommone da incursionisti, che guidavano a tutta birra nel turbinio di acque ghiacciate , in mezzo a piccoli iceberg galleggianti, in mezzo al nulla…..foreste , ghiacciai che scendevano fino alla riva, ogni tanto animali selvaggi allo stato brado, qualche fattoria.

     

    Parto da Punta arenas in pulman , diretto all’altopiano del Peine. Ho con me tutta l’attrezzatura da montagna, che pesa,  perché voglio essere attrezzato per  salire in alta montagna,,,,almeno così mi immagino il contesto: salite vertiginose, neve e ghiaccio, altezze da panico sopra i 3000 m.

    E così il trasferimento è vissuto nell’attesa di arrivare in quota, ma la strada non si alza, anzi: corriamo dentro una valle, una pista sterrata lungo un torrente, il panorama circostante è stupendo con  boschi enormi, in lontananza  e tutto attorno si vedono solo montagne di granito che sì elevano verso il cielo. Ad un certo punto foriamo una gomma, e dobbiamo scendere tutti  per consentire all’autista di cambiarla: ci avvisa che ci vorrà almeno un’ora, e possiamo così inoltrarci in un prato vicino, attrezzato per picnic: evidentemente se no sono forature sono soste programmate. Riprendiamo il trasferimento, passiamo vicino ad un lago con la banchisa che arriva quasi sulla strada, il ghiaccio profondo è azzurro e  sembra surreale, in contrasto con il bianco dei piccoli iceberg che non arriveranno mai al mare…

    Arriviamo finalmente al capolinea, ma non siamo certo in alta montagna…siamo ai bordi di un altopiano, fate conto di vedere l’Alpe di Siusi, tutta verde,con dei laghetti qua e la, e su un lato un gruppo di granito  che si alza imponente , tipo il Sasso Lungo.. .

    Mah…., sono perplesso, ma non traggo conclusioni affettate, magari il  bello del Peine è da scoprire…  e così mentre penso vedo  un signore che aveva un cartello cono il mio nome, e mi accompagna a destinazione. Siamo ai primi giorni di dicembre, la stagione è appena aperta, e dove avevo prenotato sono l’unico ospite. La proprietaria è una signora vedova che gestisce la locanda con due ragazze ( le chiama proprio così, non per nome, ma ragazze….) ed è molto intraprendente. L’ambiente è accogliente, una sala da pranzo con una vetrata che guarda l’alpe, il mangiare buono come il trattamento,

    Ho prenotato per alcuni giorni, mi sembra 6, ed avrò tutto il tempo per capire e conoscere questo benedetto Peine. In serata faccio subito il programma, mi informo sulle escursioni e  sulla difficoltà, sullo stato dei sentieri, se c’è neve, ghiaccio, se è necessaria la guida…..ma vedo che mi guardano un po’ sorprese. E qui comincio a capire che le mie aspettative vanno cambiate, perché mi dicono che al Peine si viene per riposarsi, per andare a cavallo, per vedere la natura, e anche per fare camminate, ma non necessariamente scalate: quelle le fanno gli scalatori, perché le pareti di granito che si alzano quasi verticali hanno la base a poco più di 500 metri di altezza,  e la montagna più alta è di 3000 metri… evidentemente mi ero fatto un film sbagliato, guardando le fotografie di questi monoliti di granito, montagne erose dal ghiaccio e dal vento che hanno le hanno rese liscie …come una lastra di granito già lavorata..

    Cosa volete che vi dica: buon viso a cattiva sorte….si fa per dire….. una camminata al Mirador Torres del Peine, fino alla laguna verde che si apre alla base delle tre torri, un’escursione alla laguna Grey, un’altra alla Cueva del Milodon, una grotta dove hanno trovato i resti di un animale preistorico, una gita a cavallo sull’altopiano, un paio di giorni per riprendere il fiato ed arriva il giorno della partenza. Ho avuto però il tempo di conoscere la pinguina, così si faceva chiamare la proprietaria, una donna coraggiosa che era riuscita a realizzare il suo sogno, costruire un ostello nella terra del  marito, prima che la Patagonia diventasse una ambita meta turistica. Credo che si fosse un po’ affezionata a me, forse perché vedendo un  uomo , italiano per giunta, solo, in capo al mondo, pensava che avessi bisogno di compagnia ….e pensassi di trasferirmi in quella terra……  però non mi conosceva abbastanza……

    Mi ha accompagnato all’imbarco sul gommone da incursionisti, e credo che i “marinai” la conoscessero bene perché  mi hanno guardato con sorpresa… la pinguina…..e pensare che la sera mi ha telefonato presso la famiglia che mi ospitava per sapere come stavo, in quella capanna in mezzo al nulla,  ai bordi del torrente in mezzo al nulla,  nel trasferimento  in mezzo al nulla, dove non ho mangiato quasi nulla…..perchè non c’era quasi nulla.,

    Il giorno dopo in poche ore, a velocità folle ( credo che quel tipo di navigazione spericolata per i conducenti fosse l’unico divertimento che potevano concedersi) siamo arrivati al mare, costeggiando ghiacciai che pochi anni prima si tuffavano nel mare (adesso si erano ritirati qualche decina di metri più in alto), e dopo poche miglia a Porto Natales.

    Ricordo tutto come fosse ieri….riscrivendo queste righe  sono ritornato al Peine, ho ricordato con simpatia la pinguina, le sue ragazze che facevano il tifo per lei ( forse avevano capito che si era presa una scuffia per me…) e soprattutto la corsa sul gommone, in mezzo al nulla……..

    So che il Peine è una meta tuttora agognata da tante persone, ma suggerisco che non ci  si debbano creare aspettative….deve essere una sorpresa…..

     

    L’ultima tappa della Patagonia è Porto Natales, sostanzialmente il punto di riferimento e collegamento  con il continente (Porto Montt) e il punto di partenza per tutti gli itinerari principali: Peine, Ghiacciao Moreno, fiordi sul canale di Magellano.

    È una bella cittadina, che offre tutti i servizi turistici, e con una … fioreria in centro al paese, gestita da una bella ragazza, che tiene sempre fiori freschi. È questa una  nota  che denota una forte sensibilità della popolazione, dove prevalgono  il freddo e le lunghe giornate  grigie , e l’ impronta di paese di pescatori ne beneficia. La marina cilena controlla tutti i movimenti sul mare, e le poche barche a vela che doppiano Capo Horn fanno qui i rifornimenti o vi trovano ospitalità durante il cattivo tempo. Ce  n’era una alla fonda, mi hanno detto che era arrivata da pochi giorni, ed incontro alcuni membri dell’equipaggio che  facevano provviste.

    La laguna, o piccolo fiordo, così si presenta Porto Natales,  è anche il punto di arrivo per chi ritorna dal Peine per via d’acqua, come ho fatto io, forse il modo più interessante per conoscere la vera Patagonia.

    Si mangia buon pesce, la gente è simpatica, gentile, cerca il contatto, e alla sera il tramonto offre colori suggestivi, “infilando”  da ovest con gli ultimi raggi le vie che si tuffano perpendicolari sul mare. Unica nota negativa sono i prezzi, molto elevati, rispetto alle proposte , spesso fuori logica.

     

    Viaggio in autobus da Porto Natales al Perito Moreno e ritorno in giornata

    Perchè fuori logica:  succede con la visita alla grotta dell’orso, con l’orso finto della Patagonia, il viaggio al Perito Moreno, 400+400 km in giornata, attraverso la pampa. Se la proposta venisse presentata diversamente la  si potrebbe godere molto di più. Una sensazione: mi sarebbe piaciuto gustare di più il panorama, veramente affascinante, ma la strada sterrata, la scomodità del trasporto, la velocità del bus, la fretta dell’autista, non danno la possibilità di “afferrare “ queste immagini.

    D’altronde c’è solo questo, natura in tutte le  sue espressioni,  dalle cime in lontananza del Peine, al lago Argentino, alla pampa sterminata, al bruttissimo paese dove facciamo una sosta; un pugno in un occhio nel mezzo della natura, dove è imponente l’immenso ghiacciaio Perito Moreno che piano piano sta regredendo, anche se appare ancora imponente, affascinante, gigantesco, indimenticabile.

    Però….però..però….alla fine si capisce perchè i cileni di Porto Natales  non vogliono lasciare o portare soldi agli argentini: per questo l’offerta di A/R avviene in giornata. Chi ne fa le spese è l’autista, che ogni giorno si sciroppa 800 Km, ed il turista  ritorna esausto e rimbambito, sapendo che il giorno dopo lo aspetta un nuovo itinerario .

    A me è capitato di farlo al rientro dal Peine, prima di imbarcarmi sul Ferry della Navimag per Porto Montt, e per fortuna mi ero informato prima sulle “regole del gioco”, perchè l’agenzia non mi aveva avvisato che:

 

  • erano 800 Km di viaggio

  • che l’imbarco sul ferry avveniva la sera stessa del rientro dal Perito Moreno

  • che i bagagli dovevano essere imbarcati nel pomeriggio

  • che ci si sarebbe imbarcati la sera e pertanto non serviva prenotare l’albergo

    ci ho rimesso il costo dell’albergo, 1 notte, pazienza, è andata bene lo stesso

     

    Eppure, a  distanza di molti anni, il ricordo di quel viaggio è ancora vivo. La partenza è alla mattina presto, l’autobus è vecchio, i posti a sedere scomodi, ma l’attesa è grande: mi siedo davanti, in prima fila, per vedere meglio strada e panorami, e lo scenario è veramente unico: corriamo in mezzo alla pampa, sembra sterminata, solo in lontananza vediamo alte montagne che ci sembrano irraggiungibili, vediamo correre alcuni guanachi, qualche struzzo, e incontriamo alcune “mandrie” di pecore….l’autista, che fa anche da guida, ci spiega  che il numero delle pecore è un tot per chilometro quadrato, perché l’erba che cresce molto lentamente, per il freddo e la terra povera, non consente di alimentare molte bestie, pena l’estinzione della pianta e ….delle pecore… Forse per questo Benetton ha comperato mezza patagonia, compresi  villaggi e pastori, per garantirsi la produzione di lana per tutte le maglie che produce….

    Arriviamo dopo due ore ad un bivio, regolato da un ennesimo ristoro vicino alla frontiera con l’Argentina, dove l’autista ci invita a prendere  un caffè. È una persona gentile, fa questo lavoro da molti anni, non ci sono molti altri lavori da scegliere,   ed il suo sedere ha preso la forma del sedile del bus….  Ci racconta che  l’autobus è suo, viaggia con lui anche il figlio, che dovrebbe prendere il suo posto fra qualche anno, o sostituirlo in caso di bisogno, e la gestione familiare deve essere una caratteristica di molte attività di questa terra. Al confine succede un cosa strana: ci ritirano il passaporto, ci consegnano una carta provvisoria per  la circolazione in Argentina valida 24 ore, ed entriamo in una zona franca larga più di 50 Km. Non incontriamo nessuno lungo la strada, unico cambiamento del panorama è l’avvicinarsi della catena montuosa sulla sinistra, che prima era bassa sull’orizzonte,  e l’apparire di una lingua d’acqua davanti a noi, che  in tarda mattinata capiamo  essere il Lago Argentino. El calafate  è la città sorta in riva al lago, punto di riferimento per tutti i turisti che vanno a vedere il ghiacciaio del Perito Moreno, situato poco distante, caratterizzata dalla presenza di alberghi e ristoranti, ma senza una sua anima.

    Durante il governo di Peron venne fatto un grosso investimento per fare di questa città un  posto esclusivo; in fondo si tratta del più grande lago dell’Argentina, che si caratterizza per il colore azzurro delle sue acque e l’abbondanza di pesce, ma purtroppo gli errori commessi non hanno prodotto il risultato atteso, ed ora è una anonima grossa cittadina , moderna, ma senza alcuna offerta caratteristica che faccia ricordare la Patagonia, se non attrazioni turistiche che si trovano ovunque, oltre alla possibilità di dormire. Normalmente il turista si ferma una  notte, e solo in una particolare occasione la cittadina si anima per diventare un’attrazione mondiale. Questo accade in primavera quando il ghiaccio si scioglie e precipita l’istmo che piano piano era diventato un ponte ghiacciato che collegava il ghiacciaio alla terraferma…un vero spettacolo, accompagnato da un boato assordante.  Pensate che i fotografi si prenotano il posto da un anno all’altro, e rimangono in attesa giorni e giorni, in funzione della temperatura,   in attesa dell’evento per immortalare l’attimo in cui si spezza il …..viadotto…….  

    Il ghiacciao è comunque un’attrazione molto interessante, non voglio dire unica perché i ghiacciai forse si assomigliano tutti, ma il Perito Moreno ha alcune caratteristiche che lo rendono esclusivo: appare come una pianura….di ghiaccio, che si stende  alta sopra i lago sottostante, dove sguazzano i battelli con i turisti; le pareti del ghiacciaio, alte un centinaio di metri, precipitano rompendosi , ed è bene non trovarsi nei pressi quando con un rumore assordante  si staccano a pezzi come una scaglia di grana da una forma gigantesca. Non si vede il confine della “bianca pianura” , ma negli ultimi decenni la cima del ghiacciaio è scesa di alcuni chilometri per effetto dell’innalzarsi della temperatura. È impressionante il colore del ghiaccio, con  tonalità dal bianco all’azzurro,  ma soprattutto il boato  che si sente quando un pezzo  si stacca formando un iceberg…. quando si stacca un pezzo più grande degli altri, si avverte anche lo spostamento d’aria che si crea tutto attorno, oltre a vedere il piccolo tzunami che si genera sulla costa.

    Si rimane incantati a guardare lo spettacolo, come a teatro, ma ogni spettacolo dura poco, ed è presto ora di chiudere gli occhi e mettere nella cassaforte della memoria quelle immagini……che custodisco sempre gelosamente….

    La ripartenza era fissata per il primo pomeriggio, la strada era lunga, una sola sosta per riprendere il passaporto e bere un caffè, e dormire…..svegliato giusto in tempo per  rendermi conto che il ferry della Navimag era già attraccato e dovevo portare i bagagli a bordo.

    Mi attendeva un viaggio di quattro  giorni, da Porto Natales , Puerto Eden, Chiloe, fino a Port Montt,  lungo i canali fueghini….un’esperienza da rivivere, come nel 1969….50 anni fa….

     

    Non so, fra chi mi legge, avrà voglia di andare in Cile e fare un viaggio come…..l’ho fatto io. Vi dico che ci sono già ritornato, tre settimane, e ritornerei anche domani…

    Ho indicato sotto le mete che mi sono rimaste nel cuore, ognuna per un motivo diverso;

 

  • il deserto di Atakama, i salar, i laghi, l’energia che sale dal terreno roccioso…. ……mi chiedo ancora adesso come abbiano fatto gli Incas a conquistare il Chile, attraversando le Ande fino all’Oceano… dopo di loro tutte le immigrazioni sono dovute passare per Capo Horn

  • La valle dell’Elkui, che in 200 Km scende dalle Ande , da Est a Ovest, dove c’è il sole freddo….nonostante bruci…..dove coltivano i vigneti nel deserto, sotto le reti color sabbia  protettive contro il vento ed il sole, dove l’acqua scorre appena sotto terra ….

  • Chiloe, l’isola che incontravano i pionieri che immigravano e sbarcavano a Port Montt, dove i missionari costruivano le chiese con i tetti in legno, e tutti i santi e le madonne  hanno il viso con l’espressione cilena

  • La zona dei laghi, dove sembra di essere in germania…andate voi a scoprire perché…

  • Ed infine le due città simbolo del Chile, Santiago che trasuda ovunque del suo terribile passato, e Valparaiso , unico grande porto cileno che si affaccia sul Pacifico….con i suoi storici ascensori:  ambedue custodiscono la storia di Pablo Neruda, che beveva l’acqua nei bicchieri rossi immaginando di bere vino……….

     

    la classifica dei top

 

  1. deserto di Atakama

  2. valle dell’Elkqui

  3. Chiloè

  4. Patagonia

  5. Zona dei laghi + Valdivia

  6. Santiago + VAlparaiso

     

    Il Nord Grande:

 

  • il deserto, San Pedro di Atakama

  • Calama

  • Le sue valli nel deserto

  • Le sue città sul mare:

 

  1. Antofagasta

  2. Iquique

  3. Arica

    Patagonia:

 

  • Punta Arenas

  • Porto Natales

  • Peine

  • Perito Moreno

  • Canali fueghini con Navimag

    Chiloè

 

  • Ancud

  • Castro

  • Isole

    Regione dei laghi

    Lago Ranco

    Lago Villarica

    Pucon

    Valdivia

    Conception

     

    Valle dell’Elqui:

    La Serena

    Vicuna

    Pisco

    Lago verde